Il Crocifisso della Misericordia, il Cristo portato in processione, è un'opera d'arte dalle origini oscure che ben rappresenta, per gli algheresi, il non definibile confine tra verità e mistero.
È un Cristo ligneo spagnolo di grande bellezza, e con la particolarità di raccontare due storie. Una è quella vera, confortata dai documenti d'archivio. L'altra è la leggenda, dai tratti comuni a tante altre del Mediterraneo, nata probabilmente dal contesto reale e tramandata oralmente. Le antiche cronache cittadine e le carte burocratiche riportano che il 18 gennaio dell'anno del Signore 1606 il veliero “Santa Maria di Montenero” salpò dal porto spagnolo di Alicante, facendo vela verso Genova. Portava attraverso il Mediterraneo passeggeri e merci, ma non arrivò mai a destinazione. In vista del golfo di Porto Conte, l'antica “baia delle ninfe”, fu travolta da un terribile fortunale e colò a picco. A bordo c'erano nobili, religiosi, militari, mercanti. Alcuni di loro sopravvissero. Uno di questi, tal Nicola Busso di Varazze, portava con sé una grande cassa, contenente il Crocifisso. Non riuscì a metterla in salvo, e se ne volle occupare l'arciprete spagnolo Antonio Muñoz, che si trovava a bordo: assoldò un'imbarcazione francese e organizzò il recupero, in riconoscenza per “tan grande milagro come el averles librado di aquella tan gran tempestad”.
La cassa fu recuperata e il Crocifisso, che si rivelò di pregevole fattura artistica, fu trasportato nel convento più vicino: era quello di Santa Maria della Pietà, fuori le mura, casa dei Frati Osservanti. Quando questi lasciarono il convento, portarono la statua sempre con sé, in tutti i loro trasferimenti.
Fu così che il simulacro raggiunse il centro storico, il cuore della città vecchia: prima fu custodito nella chiesetta di Santa Barbara, poi nella chiesa della Misericordia, piccolo oratorio fin da allora sede della Confraternita.
Nel 1855 gli Osservanti dovettero lasciare Alghero in seguito alla soppressione dell'Ordine, e lo affidarono proprio ai Confratelli, che continuano a venerarlo e a proteggerlo. Forse per questo legame tuttora strettissimo, la leggenda, parallela alla storia, dà proprio ai "Jermans Blancs" il merito del recupero della cassa.
Andò così. Un giorno, in un tempo lontano, una spaventosa tempesta investì la costa, portando l'acqua del mare fin dentro la città. Quando le onde si ritirarono e il mare si calmò, i pescatori tornarono in porto, a scrutare le acque e i venti. Fu allora che la videro. Una cassa giaceva nell'acqua e capirono subito che si trattava di un oggetto di pregio. Era costruita con legno speciale, ben rifinita. Prometteva tesori, e in molti tentarono di recuperarla. Ma l'impresa si rivelò ben presto impossibile: la misteriosa cassa era pesantissima. E in fretta si sparse voce che, di certo, conteneva qualcosa di magico o di sacro. Allora furono chiamati i "Jermans" della Misericordia, che provarono a tirarla su: “Folza folza, issa issa, tira tira” recitano i racconti; qualcuno grida “Christus!”, e la cassa , senza fatica, scivola a terra, rivelando un bellissimo Cristo di legno, “profumato d'assenzio, un viso dolce, triste ed espressivo”. È disteso in un feretro dorato, che la pietà del popolo ribattezzerà presto "Bressol” (culla ), e le sue ferite sono rubini, incastonati nel legno scuro.
I "Jermans" lo portarono con sé, e da allora lo custodiscono nella loro chiesetta, l'oratorio della Misericordia. Così il Crocifisso di Alicante che non arrivò mai a Genova scegliendo di fermarsi ad Alghero, percorre, ogni anno, le strade della città che è diventata sua, ripete le sofferenze della Passione circondato dalla sua gente. Da allora protegge gli algheresi. E i Jermans lo vegliano, nella lunga notte sulla croce, come antichi monaci guerrieri.
- Testo tratto da “La Settimana Santa” di Daniela Sari e Max Solinas, edizioni I.F.E.A. 2000.
- Foto tratta dal web.